• Ettore Prandini

“Vi spiego perché critichiamo Mediterranea”

2024-06-07T12:38:44+02:007 Giugno 2024 - 12:30|Categorie: Aperture del venerdì, in evidenza, Mercato|Tag: , , , , |

Per Ettore Prandini, presidente di Coldiretti, non è la sovrapponibilità con Filiera Italia il problema. “All’interno di Union Food ci sono quattro multinazionali che hanno spinto per il Nutriscore e che contestano i principi della nostra dieta”.

Di Andrea Dusio

Incontriamo Ettore Prandini, presidente di Coldiretti, martedì 4 giugno, all’indomani della pubblicazione di un’intervista sul Giornale, in cui viene presentato un manifesto, in fase di diffusione in tutta Italia, che denuncia una serie di pericoli per il sistema agroalimentare italiano.

Quali sono le linee guida di questo manifesto?

Rimettere al centro un aspetto di carattere strategico, che la dieta mediterranea deve avere nel nostro Paese. Se noi guardiamo i dati di mercato, vediamo che negli ultimi anni abbiamo perso il 25% di consumo di ortofrutta nei nuclei famigliari. Un dato che si concentra soprattutto nei ragazzi più giovani. E questo ha portato a un amento esponenziale del problema dell’obesità. A favore di chi? Di aziende che non si distinguono per quei valori in cui s’identifica la dieta mediterranea. Aziende che hanno generato sicuramente un aumento in termini d’interesse per i loro fatturati, ma a discapito di un patrimonio di carattere culturale e identitario che noi dobbiamo invece cercare di preservare come modello qualitativo legato alla vita dei nostri cittadini.

Perché questo modello è importante per il settore?

Perché costituisce una difesa della qualità delle nostre eccellenze. E ci consente di preservare la distintività, la biodiversità, e con esse le filiere delle Ig che ci stanno facendo crescere sui mercati esteri. Cresciamo dove abbiamo questi prodotti fortemente identitari, legati alla dieta mediterranea. Notiamo invece che, soprattutto in Italia, da parte di alcuni grandi gruppi è in atto un tentativo di sterilizzare questo patrimonio. Cercheremo di fermarlo con tutte le nostre forze.

Nel pezzo uscito domenica venivano indicati, oltre ai grandi gruppi, anche due associazioni, Union Food e Confagricoltura. Qual è l’obiezione che muovete nei loro confronti?

Non vogliamo generalizzare. La nostra critica non si rivolge indistintamente a tutte le industrie agroalimentari di Union Food, al cui interno ci sono tuttavia quattro multinazionali che si sono caratterizzate per spingere sul Nutriscore. Quest’azione si traduce oggi in un’associazione di cui fa parte anche Confagricoltura, che si chiama Mediterranea. Nell’inganno del nome c’è un tentativo di andare a destabilizzare e demolire ciò che noi abbiamo cercato di difendere, ovvero la dieta mediterranea. Si tratta di tutelare un patrimonio più ampio che va preservato a vantaggio dei nostri cittadini e delle generazioni future, legato a distintività, biodiversità e ci consente di evitare che vi siano forme omologanti basate esclusivamente sul tema dimensionale. Se l’Italia approccia la sfida della dimensione aziendale, si troverà sempre a fare i conti col fatto che le nostre aziende sono più piccole rispetto a quelle che operano in altre parti del mondo. Si pensi alle aziende agricole australiane, alcune delle quali sono grandi come una nostra intera provincia o addirittura come le nostre regioni. Il tema della competitività fine a se stessa, legata a parametri dimensionali o ai costi della produzione, ci metterebbe da subito fuori gioco, e non vogliamo assolutamente seguire questa strada.

Esiste una sovrapponibilità tra Mediterranea e Filiera Italia?

Non penso, e non è questo che ci preoccupa. Filiera Italia nasce su un progetto di valorizzazione dei contratti di filiera, per tutelare l’agroalimentare italiano sia nelle sedi istituzionali del nostro Paese che soprattutto a livello europeo, dove le decisioni vengono prese. Paradossalmente, se proprio devo fare un confronto, Mediterranea raggruppa quei soggetti che sono contro ciò che noi cercavamo di difendere.

Torna in cima