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Paolo Barilla (Unionfood): “Le nostre imprese portano il made in Italy nel mondo”

2024-06-20T10:45:50+02:0020 Giugno 2024 - 10:34|Categorie: in evidenza, Mercato|Tag: , |

Milano – Paolo Barilla, presidente di Unione italiana food, ha comunicato una serie di dati sull’associazione in occasione dell’assemblea annuale. Unionfood raccoglie 530 aziende italiane (tra cui Lavazza, Ferrero, Barilla, Bauli, Nestlé Italia), che producono oltre 900 marchi per un fatturato pari a 56 miliardi di euro (+10% rispetto all’anno precedente). La quota export rappresenta il 38% del fatturato dei marchi associati per un totale di 21 miliardi di euro.

Spiega al Corriere della Sera Paolo Barilla: “I nostri associati sono grandi aziende centenarie che portano il nostro made in Italy nel mondo, imprese globali che operano in Italia e tante Pmi familiari”. Prosegue il presidente di Unionfood: “L’attività dell’associazione riassume tutte le esigenze delle industrie associate, player con prospettive differenti, ma con una unica strada comune: la cultura del cibo e del modello italiano. Il 70% dei prodotti agricoli nazionali viene acquistato e trasformato da Unionfood“. Secondo il rapporto di Unionfood, inoltre, ogni 10 prodotti alimentari italiani consumati nel mondo, ben quattro provengono dall’associazione guidata da Barilla. Così commenta il presidente: “L’export rappresenta da sempre una fetta strategica per il Made in Italy. L’Italia è passata nel giro di circa 10 anni da un export di circa 35 miliardi ai 65 di oggi che sono solo una tappa del percorso. Possono diventare 100 ma bisogna capire come affrontare le sfide”.

Nell’intervista non c’è alcun riferimento al recente attacco di Coldiretti che sulle pagine de Il Giornale ha criticato a più riprese Mediterranea e soprattutto Unionfood. Forse Barilla non ha voluto consapevolmente citare Scordamaglia, Prandini e Gesmundo, fatto sta che il messaggio è forte e chiaro: all’interno di Unionfood ci sono “imprese globali e tante Pmi familiari” che “portano il made in Italy nel mondo”  e che acquistano e trasformano “il 70% dei prodotti agricoli nazionali”.

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