Consorzio Barolo: l’ex presidente Ascheri a ruota libera in un’intervista al Gambero Rosso

2024-06-28T13:56:15+02:0028 Giugno 2024 - 13:56|Categorie: Vini|Tag: , , , |

Barolo (Cn) – In un’intervista rilasciata al Gambero Rosso, Matteo Ascheri, presidente del Consorzio Barolo Barbaresco Langhe e Dogliani dal 2018 al 2024 – a cui è subentrato poche settimane fa Sergio Germano – racconta un dietro le quinte preoccupante per una delle Denominazioni vinicole più prestigiose d’Italia. A cominciare dai retroscena sulle (mancate) modifiche ai disciplinari produttivi di Barolo e Barbaresco (leggi qui).

Una  è quella dell’intercambiabilità tra le zone del Barolo e del Barbaresco. “Se limiti gli imbottigliamenti nelle due denominazioni significa che un’azienda del Barbaresco non potrà imbottigliare Barolo e viceversa”, racconta Ascheri al Gambero Rosso. “La modifica, inoltre, sarebbe stata utile per sollevare le aziende da un obbligo costoso: quello di costruire una nuova cantina nell’altra denominazione. Evidentemente era un quesito troppo intelligente per essere capito”.

L’altra importante modifica mancata riguarda l’estensione dei vigneti di Barolo e Barbaresco a Nord, per cercare di ovviare agli effetti del cambiamento climatico. Proposta che, quando venne avanzata la prima volta a dicembre 2023, raccolse pareri molto positivi, racconta l’ex presidente. Poi tutto è cambiato. “Carlo Petrini ha detto la sua sulla questione, ma è uno che non ha mai preso una zappa in mano. Anche i ‘trifolau’ (i cercatori e raccoglitori di tartufi del territorio di Alba, ndr) hanno protestato temendo l’espianto dei boschi, ma senza sapere che i boschi storici sono già tutelati”. E aggiunge: “Qualcuno, compreso Germano, ha sostenuto che il cambiamento climatico non c’è e che gli eventi sono soltanto ciclici, sposando quindi un approccio negazionista del fenomeno. Qualcun altro ha detto che se si fa l’estensione a Nord di Barolo e Barbaresco bisogna farlo anche per le altre denominazioni: peccato che le altre denominazioni al Nord ci sono già e tante vigne di dolcetto, barbera o nebbiolo sono già piantate”.

Il grande problema del territorio, secondo Ascheri, “sono soggetti come Terre del Barolo – che io definisco ‘Autogrill 9,99’ – che cerca di abbassare il prezzo di mercato delle uve per evitare le lamentele dei suoi conferitori le cui uve sono sottopagate. Non capisco poi che ci fa un soggetto cooperativo come questo dentro Confindustria: è una cosa stranissima. Purtroppo il consorzio è stato conquistato da questi soggetti che hanno definito i nuovi vertici e possono controllarli”.

Anche le sue previsioni sul futuro delle denominazioni sono preoccupanti: “Succederà che liberalizzeranno gli impianti. Il bando per i nuovi impianti era zero durante la mia presidenza, in futuro ci saranno ogni anno nuovi 22,5 ettari di Barolo che saranno redistribuiti con bando. E così Terre di Barolo pagherà meno le uve ma potrà produrre di più: esattamente il contrario di quello che serve alla denominazione”.

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