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Diretta Cibus 2024 / Antonio Auricchio (Afidop) : “Tuteliamo i gioielli caseari italiani”

2024-05-09T10:32:28+02:009 Maggio 2024 - 10:32|Categorie: Formaggi, in evidenza|

Il mercato dei formaggi Dop e Igp. Il problema dell’Italian sounding. L’innovazione e il futuro dei prodotti a denominazione d’origine. Questo, e molto altro, in un’intervista con il presidente di Afidop, Antonio Auricchio.

di Elisa Tonussi

Nel 2023 sono state prodotte oltre 500mila tonnellate di formaggi a denominazione di origine. Per un mercato che vale circa 5 miliardi di euro. Sono Grana Padano, Parmigiano Reggiano, Mozzarella di Bufala Campana, Gorgonzola e Pecorino Romano, tanto per citare i più consumati. Ma di produzioni Dop e Igp ne esistono decine. E sono sempre più apprezzate dai consumatori italiani e stranieri per la qualità e la tracciabilità che garantiscono. Proprio all’estero, però, il mercato dei formaggi italiani a denominazione d’origine è minato dalle numerose imitazioni circolanti, da cui è necessario tutelarlo con ogni mezzo disponibile. Di questo, e di molto altro, abbiamo parlato con Antonio Auricchio, presidente di Afidop, l’Associazione dei formaggi italiani Dop e Igp, in un’intervista a tutto campo.

Partiamo con qualche dato: quanto vale oggi il mercato dei formaggi a denominazione d’origine in Italia?

Tra Dop e Igp, sono 55 i formaggi a denominazione d’origine in Italia. Ci sono i grandi consorzi, come quelli del Parmigiano Reggiano, del Grana Padano, della Mozzarella di Bufala Campana o del Pecorino Romano. Ma esistono pure realtà molto piccole che producono ‘gioielli’, come amo chiamarli io, che sono comunque estremamente apprezzati e consumati. Mi riferisco a formaggi come lo Strachitunt, il Formai de Mutt o la Casciotta di Urbino. Si tratta di un mercato da oltre 5 miliardi di euro. E può crescere ancora. Grazie al turismo enogastronomico, in cui credo fortemente. I formaggi si fanno infatti ambasciatori del proprio territorio: il turista che visita la Sila assaggia il Caciocavallo Silano, quello che va in vacanza in Sardegna degusta il Fiore Sardo, e così via.

State promuovendo delle attività per sostenere e valorizzare i formaggi italiani?

Al momento stiamo collaborando con il ministero dell’Agricoltura e con l’Ice (l’agenzia per la promozione delle imprese italiane all’estero) e stiamo conducendo degli studi con Fipe (la Federazione italiana dei pubblici esercizi) sull’utilizzo dei formaggi Dop nella ristorazione. I risultati mi hanno mandato su tutte le furie.

Per quale motivo?

Su dieci ristoranti, quattro dichiarano di utilizzare formaggi Dop, ma, di questi, uno soltanto impiega realmente formaggi a denominazione d’origine, se un ospite ordina risotto con Taleggio ha il diritto di vedersi servire un risotto mantecato con vero Taleggio, non con un similare! Stiamo quindi cercando di lavorare insieme ai cuochi affinché diventino ambasciatori dei nostri formaggi. Li vogliamo invitare a scegliere le nostre Dop: diamo loro dignità introducendo un carrello dei formaggi con proposte tutte italiane.

Come combattere il problema dell’Italian sounding?

Solo con la qualità. Dobbiamo realizzare prodotti talmente diversi e buoni da essere preferibili, rispetto alle imitazioni, anche se più costosi. Solo attraverso la qualità possiamo vincere contro le ‘brutte imitazioni dei grandi formaggi italiani’, espressione che preferisco a ‘Italian sounding’. La tutela dei marchi, però, è necessaria.

A che punto siamo?

Stiamo conducendo con Ice e, soprattutto, con i consorzi di tutela una campagna per proteggere i marchi italiani in tutto il mondo. E’ un nostro dovere tutelare il genio italiano, che si esprime anche attraverso i nostri gioielli caseari. Credo fermamente in quanto sto per dirle. Uno dei migliori prodotti italiani nel mondo è la Ferrari, ma quanti possono permettersela? Molti, invece, hanno la possibilità di acquistare un chilo di Provolone o di Parmigiano Reggiano o di Gorgonzola, che, allo stesso modo, sono ambasciatori del made in Italy nel mondo. Temo, però, uno scenario in cui Trump diventi nuovamente presidente degli Stati Uniti e, di conseguenza, introduca ancora i dazi sui prodotti europei. Consideri che il Parmigiano Reggiano esporta Oltreoceano oltre 4 milioni di forme.

Qual è il suo punto di vista sul nuovo regolamento Dop/Igp?

Ha sicuramente diversi aspetti positivi e interessanti. Ad esempio, ha dato ai consorzi maggiore libertà di tutela e controllo. Credo però che siano da migliorare alcuni aspetti legati al tema dell’equa distribuzione tra i produttori e il settore agricolo perchè l’intera filiera dovrebbe trarne beneficio. È il caso degli stagionatori di Parmigiano Reggiano, ad esempio: il successo di una forma a lunga stagionatura è merito non solo del produttore, da cui è stata acquistata, ma pure di chi l’ha fatta maturare.

Come si evolverà il settore lattiero caseario nei prossimi cinque anni?

Mentre il mercato italiano ed europeo è sostanzialmente fermo, anche se ci sono prospettive di crescita nei Paesi dell’est, è nel resto del mondo che gli orizzonti si faranno interessanti. In particolare guardando verso Oriente. La Cina, ad esempio, sta iniziando ad apprezzare i nostri formaggi. L’India, poi, è un importante potenziale bacino di consumatori avendo quasi un miliardo e mezzo di abitanti. Stiamo inoltre intervenendo molto sul mercato giapponese. Occorrerà, però, ragionare sui prezzi: i nostri formaggi non sono competitivi.

Guardando al futuro, sarà necessario innovare le Dop? Come?

Visto che uno dei mercati più importanti del mondo è, e sarà, l’India dovremo modificare i disciplinari e consentire l’utilizzo del caglio vegetale. Oppure, rivolgendoci ai Paesi di religione mussulmana, sarà necessario ricorrere a caglio di vitelli macellato ritualmente. Insomma, in futuro le Dop dovranno essere meno tradizionali e più contemporanee.

 

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